Published on: 14 Ottobre 2021

Settembre, Filippo Sorcinelli – #SUPPORTER

I gemiti inespressi hanno bisogno di una custodia. Serve a riprendere a cantare, nel mistero di questi mesi dove pare che il fascino della sensibilità voglia venir meno. L’Arte ha bisogno dell’eco coraggioso di chi crede pur non vedendo, ne abbiamo esempi illustri, anche biblici; l’arte questo invoca: quella propagazione della bellezza attraverso lo scrigno dell’animo di chi la produce.

È il segno rivelatore dell’inespresso, è l’urlo dell’uomo bisognoso che fa aprire la cicatrice dal cuore raggelato. È quell’emozione di ventata miracolo, che dal gemito primordiale guarda in alto, non per annusare una ciminiera ma per collocarsi altrove, dove la vista gode di paesaggi fratelli delle nostre vite, ma dall’alone aurato, che, come un’apparizione angelica, riempie la nostra zona oscura di consolazione e di fiducia. L’arte da sempre ha bisogno degli artisti, non di quelli ad invito o dell’ultimo post. È forse un termine abusato per descrivere chi produce cose che credono di soddisfare la nostra fame di diverso.

Essere artisti è un dono che si celebra ogni volta che una squallida figurazione diventa germoglio di novità, anche spirituale, perché appaga quel lato amico che scolpisce la nostra soddisfazione.

Non si cura dell’esercizio ma attraverso l’anima consapevole vince sulla morte dell’io di tutti i giorni per trasfigurarsi in un’ampolla colma di sensazioni “sante” e vocate all’Infinito. Procedere nella direzione solcata dall’arte non significa non guardarsi indietro, ma attraverso il reale passato, cicatrizzare i momenti e vivere quella possibilità che ci annulla questo odierno spirito del “tutto uguale”.

Sì, non siamo tutti uguali e non voglio stare in questo cofanetto così inopportunamente confortevole. C’è bisogno di decisioni oggi, di riflessioni privi di frange retoriche e terribili, per ritrovare attraverso i percorsi degli artisti quel “sublime” verbale talvolta senza parola e che persegue una battaglia semplice contro lo schematismo. Riconoscersi sovrani alla ricerca dello “Sperato” è la vera arma in questa narrazione della vita, commuoversi perché vivi è la vera vittoria e il nutrimento, è sensazione eterna che esplode nella contemplazione, è suono del particolare, è necessità di rivelazione.

E se tutto questo significa credere, allora credo.

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